“Baggio story”: 50 anni raccontati dal mondo del calcio

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Roberto Baggio, tra quattro giorni, spegnerà 50 candeline. Il “Divin Codino” compie mezzo secolo ed al solo nominarlo scorrono già a fiumi le lacrime dei più nostalgici amanti di calcio. Seicentonovantanove presenze tra Nazionale e club, 318 gol. A una presenza dalle 700. Due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa nel suo palmarès. Tre titoli su quattro vinti con la Juventus, oltre al Pallone d’oro ed il “Fifa world player” vinti nel 1993 sempre in bianconero. In quella società dove disse che non sarebbe andato mai, ma dove, invece, il destino l’ha portato: “L’ho ripetuto mille volte: io alla Juve non ci vado. Lo scriverò sui muri di casa“. Una carriera strisciata, tra Juventus, Milan e Inter, ma iniziata a tinta unica con la Fiorentina e terminata con il Brescia.

Baggio è considerato uno dei tre “10” italiani più forti e talentuosi della storia del calcio, nel podio con Totti e Del Piero. Dotato di una spiccata sensibilità, correttezza e umiltà. Carlo Mazzone, suo allenatore al Brescia, racconta di lui: “Era puntuale, serio e la domenica mi faceva vincere. C’era un patto con lui. Non mi piaceva che quando si andava in trasferta i tifosi invadevano l’albergo e lui non aveva un attimo di respiro. Un giorno gli dissi “Quando sei stanco di firmare autografi, ti tocchi la testa e io intervengo”. Ma lui non si toccava mai la testa e allora sbottai “Aho, ma non ce l’hai una testa?”. Lui mi rispose “Mister, come posso deludere gente che ha fatto centinaia di chilometri per incontrarmi?“.

Lo storico giornalista Gianni Brera disse di lui: “Roberto Baggio porta il codino: è troppo eccentrico per non dare nell’occhio. Ancora: il suo gioco è troppo particolare e disagevole per riuscire sempre al meglio. Il pregio di Platini era la semplificazione. Baggio è un asso rococò: mette il dribbling anche nel caffellatte. Solo sul piano balistico eguaglia Platini, non già nella misura del gioco“.

In pochi lo sanno, ma Baggio fu anche “maestro” – se così vogliamo definirlo – di Luca Toni. L’ex bomber di Palermo, Fiorentina e Bayern racconta che fu proprio il Divin Codino a dargli dei consigli in un momento difficile, a secco di gol: “Non ti abbattere – mi disse – se posso darti un consiglio, quando sei davanti alla porta, prima di tirare, con l’occhio guarda per un secondo il portiere. Sembra una stron***a, ma in quel momento capisci che intenzioni ha. Ricordati che la porta è di sette metri, ed il portiere occupa solo un settimo dello specchio… A fine allenamento, rimaniamo a fare un po’ di uno contro uno con il portiere. Parto prima io e poi tu. Guardami però, così vedi un po’ quello che faccio io… Non sto qui a raccontarvi che lui fece sempre goal. Da lì però imparai ad essere più calmo, e da quel giorno anche grazie a Roberto, non mi sono più fermato“.

Gli facciamo gli auguri ricordando i suoi 20 gol più belli:

 

“Ah! Da quando Senna non corre più…
Ah! Da quando Baggio non gioca più…
Oh no, no! Da quando mi hai lasciato pure tu…
Non è più domenica!” (Cesare Cremonini – Marmellata 25)

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