Rappresentare una donna incinta nuda, nella Vienna puritana dei primi del ’900, sarà stata una scelta davvero coraggiosa. Si pensi che il primo proprietario dovette conservare l’opera coperta da un drappo…tanto era sconvolgente.
Ma l’intento di Klimt era proprio quello, essendo critico verso il perbenismo ipocrita viennese, volle con quest’opera rompere decisamente ogni tabù.
Intanto stiamo osservando una figura che nella nostra cultura è qualcosa di inopportuno e imbarazzante. In quello stato una donna non dovrebbe mostrarsi come tale, perché non è più donna, bensì un essere atto alla procreazione.
Proviamo a ricordare lo scalpore che fece la famosa copertina di Vanity Fair che ritraeva Demi Moore nuda in dolce attesa…ed era il 1991 (certo l’accostamento potrebbe sembrare un po’ azzardato, ma aiuta a rendere l’idea).
Ma non era solo quella nudità a disturbare…c’era qualcosa di inquietante nello sguardo di quella donna, non è dolce e rassicurante come dovrebbe essere.
Inoltre quella folta chioma rossa, simbolo di femminilità pericolosa, contrasta con la coroncina di fiori bianchi che invece sono simbolo di innocenza e purezza (certo che Klimt, che di simboli era un certo esperto, ha voluto depistare parecchio).
E che dire di quei loschi figuri che compaiono minacciosi sullo sfondo…saranno forse i demoni della vita che il nascituro dovrà probabilmente affrontare? Tuttavia il titolo “speranza” ci rimanda finalmente a sensazioni positive in cui amiamo rifugiarci.
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