Donna sposata con figli si prostituisce per pagare Equitalia

Costretta a lavorare per strada, a vendere il suo corpo per saldare i debiti contratti con Equitalia, è questa la triste storia di un’imprenditrice marocchina, che da 19 anni gestisce una piccola azienda in Italia, sentita martedì in tribunale a Treviso nel processo che vede alla sbarra un 25enne e tre lucciole tra le quali due sorelle, tutti romeni.

Per pagare i debiti contratta con Equitalia, era costretta a lavorare per strada da prostituta. “Sono sposata e ho due figli – ha raccontato la donna – e per un lungo periodo ho avuto una mia attività. Davo lavoro anche a due persone. Facevo l’interprete e spesso lavoravo per la Procura, il Tribunale ma anche per finanza e polizia. Ho tradotto anche per alcuni avvocati e per alcune aziende. Poi le cose sono andate male e ho accumulato debiti per circa 60mila euro con Equitalia“. Un carriera come tante, fatta di lavoro e sacrificio che ora l’ha condotta solo in strada.

Ma i guai non finivano li,  per strada la vita non è stata facile: “Volevano quattromila euro al mese, dovevo pagare la piazzola dove mi prostituivo. Ma io mi vendevo per pagare una multa di Equitalia e salvare i miei dipendenti, quei soldi non potevo darglieli». A parlare la vittima, la donna era stata costretta a prostituirsi: «Avevo una multa da quasi 60 mila euro con Equitalia. Non sapevo come fare per salvare l’azienda e i dipendenti e ho deciso di vendermi» ha spiegato al collegio dei giudici. Per questo la notte del 14 maggio 2015 ha raggiunto una piazzola di sosta della zona industriale Marco Polo, lungo la Pontebbana.

Ma quel posto, secondo i tre imputati, era di loro proprietà: «Le due sorelle mi hanno tirato fuori dall’auto prendendomi per i capelli e mi hanno picchiato». Dalla borsetta di una delle due era anche uscito un teser, usato per stordirla. Fino all’arrivo del protettore, il 30enne che le avrebbe intimato: “Devi darci 4 mila euro al mese per il posto e la protezione”. Richiesta reiterata una seconda sera quando la donna si era spostata di qualche metro ma a chiedere soldi era arrivato il 30enne: «Ho reagito e gli ho detto l’Italia non è tua, questa strada non è tua e non pago». Subito dopo li aveva denunciati.

 

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