La figura dell’Hikikomori nasce in Giappone e si espande in tutto il mondo. Molti anime e manga giapponesi fanno riferimento a questa figura. Il termine Hikikomori significa letteralmente “isolarsi, stare in disparte” e viene utilizzato per riferirsi ad adolescenti e giovani adulti che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria camera da letto, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno.
Tali scelte sono condizionate da problemi di varia natura. Tra questi la particolarità del contesto familiare, caratterizzato dalla mancanza di una figura paterna e da un’eccessiva protettività materna, e la grande pressione della società giapponese verso autorealizzazione e successo personale, cui l’individuo viene sottoposto fin dall’adolescenza. Il termine Hikikomori si riferisce sia al fenomeno sociale in generale, sia a coloro che appartengono a questo gruppo sociale.
Al momento in Giappone ci sono di oltre 500.000 casi accertati, ma secondo le associazioni che se ne occupano il numero potrebbe arrivare addirittura a un milione (l’1% dell’intera popolazione nipponica). È evidente che si tratti di un fenomeno incredibilmente vasto, di cui ben pochi hanno mai sentito parlare, soprattutto al di fuori del Giappone.
Hikikomori non è un fenomeno esclusivamente giapponese essendo diffuso, in percentuale minore rispetto al Giappone, anche nel mondo occidentale e nel resto dell’Asia.
A Parigi, tra il 2011 e il 2012, sono stati individuati 30 casi di persone di età compresa tra i 16 i 30 anni, tra i quali risultano particolarmente colpiti i soggetti che hanno scarsa vita sociale o coloro che non hanno completato o hanno avuto difficoltà a completare gli studi. Per questo motivo, a partire dagli anni dieci del XXI secolo, ricercatori francesi collaborano insieme a esperti giapponesi per individuare le cause del fenomeno e chiarire se esso sia prerogativa solamente del Giappone o se sia presente anche in società culturalmente differenti.
In Italia si stima che un individuo ogni 250 sia soggetto a comportamenti a rischio di reclusione sociale, con una cinquantina di casi dichiarati e presi in carico. Altre stime parlano, invece, di un individuo su 200. Nel 2013, secondo la Società Italiana di Psichiatria, circa 3 milioni d’italiani tra i 15 e i 40 anni soffrivano di questa patologia. Tuttavia, il disturbo è spesso associato o confuso con la cultura nerd e geek, o più frequentemente con una semplice dipendenza da Internet (le cui stime parlano di 240 000 adolescenti italiani che trascorrono più di tre ore al giorno tra Internet e videogiochi), limitando il fenomeno a una conseguenza del progresso della società e non a una chiara scelta volontaria del soggetto.
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