I dati Inps confermano un’impennata delle cessazioni dei rapporti di lavoro anche nei primi tre mesi del 2017. Nel complesso infatti i fine rapporto sono ammontati a 1.117.000, in aumento rispetto all’anno precedente del 6,6%. E continuano ad aumentare i licenziamenti di lavoratori a tempo determinato.
Tra gennaio e marzo infatti ne sono stati licenziati 143 mila, in aumento del 2,9% rispetto al dato di gennaio-marzo 2016. Di questi il 14,6% in più rispetto al trimestre 2016 (18.349 contro 16.004) sono stati licenziamenti disciplinari e il 158% in più (15.078 lavoratori contro i 5mila del 2016) per esodo incentivato o cambio di appalto nel settore edile.
Si registra un aumento di quelle relative a rapporti a termine, +12,5%, mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono in diminuzione del -2,1%. «Significativa» invece la contrazione delle dimissioni: -3,5% rispetto a gennaio-marzo 2016. «Sulla distribuzione delle cause di cessazione tra licenziamenti e dimissioni, ha significativamente inciso l’obbligo della presentazione on line delle dimissioni, introdotto a marzo 2016.
Secondo i dati dell’Inps, relativi al primo trimestre 2017, la variazione dei posti di lavoro è positiva di 322.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2016, quando era stato registrato un +266.000 posti. Se si guarda ai soli contratti stabili, nei primi tre mesi del 2017 sono stati attivati quasi 400mila contratti a tempo indeterminato (398.866 per la precisione, comprese le trasformazioni) con un calo del 7,4% sullo stesso periodo del 2016.
Considerando poi che le cessazioni di contratti stabili nello stesso periodo sono state 381.329, il saldo dei “nuovi” posti fissi è in attivo per sole 17.537 unità. E’ un risultato magro se confrontato al saldo positivo di 41.731 dei primi tre mesi 2016 e del boom di 214.765 contratti dei primi tre mesi 2015, quando erano previsti sgravi contributivi totali.
Quanto infine alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-marzo 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.500 euro (32,7% contro 35,4% di gennaio-marzo 2016).
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