Donna licenziata Ikea dopo diciassette anni di servizio, Marika Ricutti, ha perso il lavoro perché non riusciva a coprire i turni che le avevano assegnato.
La donna, trentanovenne laureata in scienze alimentari, avrebbe dichiarato subito all’azienda svedese le sue difficoltà a ricoprire il turno delle 7 del mattino.
La Ricutti è separata, ha due figli uno di 10 e uno di 5 anni, il più piccolo disabile le da il diritto ad usufruire della legge 104.
Nei suoi 17 anni di servizio ha lavorato al bistrot al piano terra, per essere successivamente spostata nel punto ristoro del primo piano.
L’Ikea di Corsico ha così commentato la vicenda: “In merito alla situazione di Marika Ricutti, Ikea Italia comunica che sta svolgendo tutti gli approfondimenti utili a chiarire compiutamente gli sviluppi della vicenda. L’azienda vuole valutare al meglio tutti i particolari e le dinamiche relative alla lavoratrice”.
L’azienda svedese nella lettera di licenziamento avrebbe motivato la decisione affermando che “è venuto meno il rapporto di fiducia in due occasioni in cui la dipendente si sarebbe presentata al lavoro in orari diversi da quelli previsti, una volta due ore in anticipo, l’altra due ore in ritardo”.
La donna ha potuto contare sulla solidarietà dei colleghi che hanno organizzato uno sciopero per protestare contro il licenziamento della Ricutti. Marco Beretta, segretario generale della Filcams Cgil di Milano ha detto: “Alla faccia del welfare svedese. In questi anni Ikea ha cambiato pelle e questo episodio è un chiaro messaggio rivolto ai lavoratori. Vogliono far capire a tutti che decidono loro e, a prescindere dai problemi che può avere ognuno, o accettano o sono fuori. In questi giorni organizzeremo raccolte firme, presidi e volantinaggi”.
Il 5 dicembre, il Filcams, ha organizzato un’azione di protesta all’interno della filiale di Ikea milanese.
La trentanovenne non ci sta e replica: ”Per me arrivare alle 7 è impossibile. Mi sono sempre adattata a tutte le richieste e ho detto sì anche all’ultima, quella in cui mi hanno chiesto di cambiare reparto. Ho detto sì ma ho chiesto che mi si venisse in contro per gli orari: io ho due bambini uno di dieci e uno di cinque anni, il più piccolo è disabile, motivo per cui ho la 104. All’inizio mi hanno detto di sì e che non ci sarebbero stati problemi. Poi le cose sono cambiate” e ancora “ho chiesto più volte maggiore flessibilità perché per me spesso era molto complicato rispettare quegli orari. Mi hanno sempre rimpallato da una persona all’altra. Allora ho deciso di fare gli orari che facevo nel veccho posto”.
Una questione spinosa che solletica l’opinione pubblica. Il colosso svedese dovrà valutare bene le decisioni da prendere.
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