E’ morto Fidel ¡Que viva Cuba!

Dopo avere condizionato 50 anni di storia dell’America, e in parte del mondo, è andato via anche Fidel Castro. Ultimo testimone ancora attivo, anche se in questi ultimi anni meno, della Guerra fredda. Per molti nostalgici, anche ex sessantottini, è stato un punto di riferimento antimperialista ed antiamericano, l’uomo che osò sfidare il colosso a stelle e strisce, anche se più spesso a parole che non nei fatti. Non tutti sanno che in origine la sua rivoluzione non voleva essere comunista: subito dopo avere preso il potere si recò negli Usa – si incontrò allora vice presidente Nixon – promettendo una rivoluzione umanista e democratica. Ma appena i sovietici, nel 1960, intuirono quanto strategicamente prezioso sarebbe potuto essere un appoggio in America, aprirono i cordoni della borsa. E Fidel si scopri filosovietico, tanto che si parlò di sovietizzazione del socialismo caraibico. Castro non esitò ad allontanare o eliminare tutti quelli che gli erano stati vicino nel momento della rivoluzione dei Barbudos e che erano contrari alla svolta verso l’Urss. E quando Che Guevara disse che l’Urss era una affamatrice per i paesi poveri, tanto quanto gli Stati Uniti, anche lui cadde dal cuore del Lider Maximo e si allontanò da Cuba verso la Bolivia dove lo aspettava una morte precoce. Tanto precoce da permettergli di diventare una icona nel cuore di milioni di persone.

Fidel ebbe sulla coscienza migliaia di morti, e quasi 4 milioni di cubani in esilio. E durante la sua storia da leader non accettò mai alcun compromesso democratico: si limitò, una volta finiti i soldi sovietici ad aprire ai turisti, ad accettare le rimesse degli esuli traditori di Miami, ma la cui pecunia non puzzava. E ad accettare sottobanco il fenomeno delle Jineteras, ossia delle giovani e dei giovani cubani che si prostituivano con stranieri.

Uomo di coraggio, affrontò battaglie e carcere senza mandare altri al posto suo. Fu di grande carisma e di indubbio fascino verso le masse, e rispetto al trucido Fulgencio Batista che lo aveva preceduto, riuscì a compattare i cubani facendoli sentire un popolo unito e fiero, anche nella loro estrema misera. Tra le ragioni del suo successo con i suoi connazionali vi fu un sapientissimo uso della parola, fu un ottimo oratore, e  individuò negli Usa e nell’embargo contro Cuba, tutte le cause dei mali di questo popolo. Sono sicuro che oggi molti lo piangeranno come l’ultimo rivoluzionario, e forse a modo suo lo è stato veramente. Io lo conobbi all’Havana Vieja, in uno dei suoi giri tra la folla, subito dopo un temporale che aveva allagato parte della città. Sorrideva, tendeva la mano alla gente e la rincuorava dicendo: Fidel è qui anche dopo il temporale.

Adios Fidel

 

 

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