Indagati per estorsione la figlia e il genero di Totò Riina, richiesto l’arresto.

Custodia Cautelare per Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello: Il Tribunale di Firenze Interviene
FIRENZE (ITALPRESS) – Un’importante decisione è stata presa dal Tribunale del Riesame di Firenze. Accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, il Tribunale ha disposto la custodia cautelare in carcere per Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, figlia e genero del noto capo di “Cosa Nostra”, Salvatore Riina. Entrambi sono attualmente indagati per reati di estorsione aggravata dal metodo mafioso e tentata estorsione aggravata, ai danni di due imprenditori toscani.
Le Accuse e le Indagini
La richiesta di custodia cautelare giunge dopo che il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva inizialmente rigettato il provvedimento. Tuttavia, il Tribunale del Riesame ha giudicato sufficienti i gravi indizi di colpevolezza presentati dalla Procura della Repubblica. In particolare, l’aggravante del metodo mafioso è stata considerata fondamentale nel ricostruire la natura dei reati contestati. Non solo vi è un forte sospetto di colpevolezza, ma si teme anche un possibile inquinamento probatorio e la reiterazione del reato da parte degli indagati.
Il caso ha avuto inizio nel mese di agosto dello scorso anno, quando Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello hanno iniziato a inviare richieste estorsive ai due imprenditori. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e svolte dal R.O.S. Carabinieri di Firenze, che hanno accertato come i due indagati abbiano usato metodi minacciosi per ottenere denaro.
Minacce e Pressioni: La Strategia degli Indagati
Le richieste di denaro, definite "pressanti e ossessive" nella documentazione ufficiale, hanno avuto un impatto significativo sulle vittime. Si segnala che uno degli imprenditori è stato costretto a cedere una somma di denaro proprio a causa delle intimidazioni ricevute. Questo aspetto sottolinea l’intensità della pressione cui i due imprenditori sono stati sottoposti, con un approccio che denota l’applicazione di tecniche tipiche della criminalità organizzata.
Un dato inquietante emerge dalla posizione di Antonino Ciavarello: nonostante fosse detenuto in un penitenziario, è riuscito a comunicare con il mondo esterno utilizzando un telefono cellulare. Attraverso questo mezzo, Ciavarello ha continuato a inviare messaggi sia alla moglie che a una delle vittime, dimostrando una preoccupante capacità di orchestrare attività illecite anche da dietro le sbarre.
“È fondamentale che la giustizia faccia il suo corso e che chiunque uso metodi mafiosi venga fermato” ha dichiarato il Procuratore della Repubblica, il Dott. Giuseppe Creazzo, sottolineando l’importanza di operare con decisione contro le organizzazioni criminali.
Riflessioni sul Fenomeno Mafioso
Il caso Riina-Ciavarello non è isolato; rappresenta una parte di un fenomeno più ampio legato alla criminalità organizzata in Italia. Il metodo mafioso, che si manifesta in svariati modi, può avere radici profonde nella società e nella cultura locale, rendendo difficile la sua completa eradicazione.
Secondo alcune stime, le estorsioni in Italia hanno inflitto gravi danni all’economia, colpendo non solo le vittime dirette ma anche l’intero panorama delle imprese. Uno studio del Centro Studi Demoskopika evidenzia come il costo economico delle estorsioni superi i 4 miliardi di euro all’anno, con un impatto significativo sui posti di lavoro e sullo sviluppo economico.
Dichiarazioni di Esperti
L’esperto di antimafia, il Dott. Nando Dalla Chiesa, ha commentato: “Il fatto che una figlia di un padrino di mafia ricorra a metodi simili è un chiaro segno che la cultura mafiosa continua a sopravvivere. È non solo un problema di giustizia, ma di cultura e di educazione civile”.
La Strada Verso la Giustizia
La custodia cautelare per Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello rappresenta un primo passo verso la lotta contro le estorsioni e i metodi mafiosi in Toscana. Le autorità stanno intensificando le indagini per assicurare che il fenomeno non si ripeta, e sono già stati avviati nuovi accertamenti sulle modalità di pressione utilizzate dagli indagati.
Le forze dell’ordine sono sotto pressione, ma il lavoro svolto dalla Direzione Distrettuale Antimafia dimostra che gli sforzi per combattere la mafia non sono infruttuosi. La vera sfida resta quella di sensibilizzare l’opinione pubblica e di incentivare le vittime a denunciare gli abusi, per costruire un futuro migliore e più sicuro.
Per video e ulteriori aggiornamenti sul caso, puoi consultare questo link che si aprirà in una nuova pagina.
(ITALPRESS)
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