Processo trattativa Stato-mafia: Riina accetta di collaborare con i pm

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Il boss Totò Riina dopo anni di detenzione a sorpresa ha fatto sapere, attraverso il suo legale, l’avvocato Giovanni Anania, di avere deciso di rispondere alle domande di pm e avvocati nel processo sulla trattativa Stato-mafia.

È un colpo di scena inatteso e arrivato a udienza chiusa, quando la corte stava per lasciare l’aula. Se vero, sarebbe la prima volta che il padrino corleonese accetta di rispondere a domande direttamente in aula. Anche se difficilmente ci saranno novità sostanziali per il dibattimento che cerca di far luce sul presunto patto tra i boss e parti delle istituzioni.

“Sì, accetto di rispondere alle domande dei pubblici ministeri. Perché no?” ha fatto sapere. Totò Riina spiazza tutti e annuncia alla corte la sua intenzione di sottoporsi all’interrogatorio del pubblico ministero. Il capo dei corleonesi ha già reso interrogatorio in passato ma ha sempre negando qualsiasi sua responsabilità e l’esistenza stessa di Cosa nostra, in molti altri procedimenti a cominciare dal maxiprocesso.

In questo processo, pero’, dove la Procura di Palermo cerca di provare l’esistenza di un patto criminale tra la mafia e lo Stato siglato subito dopo la stagione delle stragi del 92 con l’ormai famoso papello di richieste che il boss corleonese avrebbe fatto giungere, per il tramite del colonnello Mori, ai vertici delle istituzioni, la testimonianza di Riina assume una valenza di particolare importanza. Alla luce anche delle lunghissime e stranissime intercettazioni ambientali in carcere, prodotte dal pm Nino Di Matteo, in cui Riina avrebbe confidato al suo compagno di ora d’aria moltissime importanti affermazioni su tutto lo scibile della mafia.

L’interrogatorio di Riina, dovrebbe tenersi nell’udienza del 16 febbraio.
“Qualcuno degli imputati ci può dire se consente di sottoporsi all’esame dei pm?” ha domandato il presidente della Corte d’assise, Alfredo Montalto, a chiusura di udienza.

Lui, a sorpresa, si è detto disponibile a rispondere alle domande dell’accusa. Il medico-boss Antonino Cinà risponde che “non acconsente”; non si esprime poiché “assente per rinuncia” Leoluca Bagarella; gli altri daranno una risposta entro la prossima udienza del 9 febbraio.

L’accusa è pronta a chiedere a Riina di tutto: dal “papello” di richieste fatte allo Stato tramite Vito Ciancimino, alle eventuali interlocuzioni con emissari delle istituzioni, ai colloqui intercettati durante con il boss della Sacra Corona Unita, Alberto Lorusso, durante “l’ora della socialità” nel carcere milanese di Opera. Quei dialoghi in cui Riina, parlando del pm Di Matteo, disse tra l’altro: “Lo faccio finire peggio del giudice Falcone”.

Nell’udienza del 10 febbraio sono previste invece le dichiarazioni spontanee del senatore Nicola Mancino, ex ministro dell’Interno, anche lui imputato insieme ai boss.

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