Via libera dal Senato con 195 sì, 8 no e 34 astenuti il disegno di legge che punta ad introdurre il reato di tortura. Dopo che il provvedimento era già stato approvato dal Senato una prima volta il 5 marzo del 2014, poi dalla Camera il 9 aprile del 2015 ora torna a Montecitorio perché nuovamente modificato.
Piu’ volte rimaneggiato e spesso oggetto di divisioni anche all’interno della stessa maggioranza, il testo introduce di fatto il reato di tortura nell’ordinamento italiano.
Il vero nodo del provvedimento è la possibilità che si vada a configurare un reato contro le forze dell’ordine. In commissione Giustizia al Senato sono stati approvati una serie di emendamenti con i quali si ritorna in parte alla impostazione originaria approvata dal Senato, a partire dalla riduzione delle pene.
Il nuovo testo approvato dal Senato, all’articolo 1 prevede che chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudelta’, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della liberta’ personale o affidata alla sua custodia, potesta’, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minore difesa, e’ punito con la reclusione da 4 a 10 anni.
Se il reato è commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena e’ della reclusione da cinque a dodici anni.
Se dalla tortura deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo; se ne deriva una lesione gravissima sono aumentate dalle meta’; se ne deriva la morte la pena e’ della reclusione di trenta anni.
L’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura, a prescindere dalla effettiva commissione del reato, e’ punita con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Inoltre, l’articolo 2, stabilisce che le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale. L’articolo 3, non ammette il respingimento o l’espulsione o l’estradizione verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che la persona rischi di essere sottoposta a tortura. L’articolo 4, esclude il riconoscimento di qualunque forma di immunita’ agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura.
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