E’ destinata a far discutere la sentenza n. 23862, emmessa ieri (23 novembre) dalla Corte di Cassazione: accendersi una sigaretta sul posto di lavoro potrebbe costare caro ai dipendenti, fino a legittimarne il licenziamento, specie se con il loro vizio mettono a repentaglio la salute dei colleghi.
La Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso di un lavoratore che si era opposto alla sentenza con la quale la Corte d’appello di Ancona aveva confermato la legittimità del licenziamento disciplinare che gli era stato notificato per aver fumato in un ambiente di lavoro nel quale erano presenti materiali infiammabili.
La presenza di legno e solventi in azienda , secondo il giudice di merito, rendeva il comportamento del dipendente pericoloso per i colleghi, indipendentemente dalla concreta verificazione di un danno. Più volte richiamato da colleghi e superiori, l’ormai ex dipendente non si ne era mai curato di modificare il suo comportamento. Ora anche il giudice di legittimità, per la prima volta, consente il legittimo licenziamento per i pericoli potenziali legati al fumo nel luogo di lavoro, dando corpo così ad un precedente destinato a fare giurisprudenza.
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