Il velo islamico non si potrà indossare in pubblico e non sarà ritenuto un divieto discriminatorio. È questa la sentenza pronunziata della Prima Sezione civile del Tribunale di Milano. Che ha stabilito che vietare alle donne musulmane di indossare il velo negli ospedali e negli uffici pubblici non è discriminazione. Si tratta di un principio “oggettivamente giustificato da una finalità legittima, ragionevole e proporzionata rispetto al valore della pubblica sicurezza. Concretamente minacciata dall’impossibilità di identificare (senza attendere procedure che richiedono la collaborazione di tutte le persone che entrano a volto scoperto) le numerose persone che fanno ingresso nei luoghi pubblici individuati”.
Con questa sentenza è stato rigettato il ricorso di quattro associazioni per i diritti degli immigrati nei confronti della delibera di Regione Lombardia del 10 dicembre 2015.
La delibera vieta “l’uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona. In luogo pubblico o aperto al pubblico senza giustificato motivo”.
Vietare il velo alle donne islamiche significa imporre loro un grosso sacrificio perché «comporta di fatto un particolare svantaggio per le persone che aderiscono a una determinata religione».
Ma questo sacrificio non è discriminatorio di una religione o etnia, perché è «oggettivamente giustificato da una finalità legittima, ragionevole e proporzionata rispetto al valore della pubblica sicurezza, concretamente minacciata dall’impossibilità di identificare (senza attendere procedure che richiedono la collaborazione di tutte le persone che entrano a volto scoperto) le numerose persone che fanno ingresso nei luoghi pubblici individuati».
Questo “svantaggio” è “oggettivamente giustificato da una finalità legittima, costituita dalla necessità di garantire l’identificazione e il controllo al fine di pubblica sicurezza”.
In linea, per la giudice, con la corte di Strasburgo, che nel 2005 ha legittimato “la rimozione del turbante o del velo per permettere i controlli negli aeroporti”, il divieto “interessa esclusivamente le persone che accedono in determinati luoghi pubblici” e soprattutto, “per il tempo strettamente necessario alla permanenza”.
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