Come il classico anime ‘Ghost in the Shell’ ha anticipato la cybersecurity moderna.
Alla fine, si scopre che l’operatore abusante non ha mai avuto una moglie; i suoi ricordi erano fittizi e la sua mente era stata hackerata dal Puppet Master per sfruttarlo nella violazione dei sistemi governativi. In alcuni aspetti, questo è simile a ciò che alcuni hacker avanzati fanno quando violano reti per colpire nervi vitali, mantenendo una certa distanza dal vero obiettivo.
Il Puppet Master come hacker governativo, la compromissione delle reti per monitorare obiettivi o per attaccarne altre, insieme a un hack alimentato dalla gelosia rappresentano solo alcune delle straordinarie intuizioni sul hacking offerte dall’anime. John Wilander, un esperto di cybersecurity, ha offerto un’analisi dettagliata del film, mettendo in evidenza dettagli che richiamano scenari del mondo reale, come il riutilizzo di exploit noti per rendere più difficile l’attribuzione degli attacchi.
Ovviamente, l’anime porta la premessa di un hacker a un livello più fantastico. Il Puppet Master, rivelatosi come un’intelligenza artificiale avanzata, riesce a controllare gli esseri umani tramite le loro cyber-menti ed è consapevole al punto da chiedere asilo politico, giungendo a proporre a Kusanagi di unire le loro “anime”, ovvero le loro menti.
