Frustavano figli col filo elettrico: condannata coppia egiziana a Torino

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Frustavano figli col filo elettrico: nei guai una coppia di Torino. I figli venivano picchiati sulle mani e sotto la pianta del piede, legati a una sedia per punizione, imprigionati al buio in una stanza senza finestre e lasciati per ore senza cibo. Costretti anche a svegliarsi all’alba per leggere il Corano, per pregare e per studiare la cultura islamica.

Vittime tre sorelle minorenni e per il loro fratellino più piccolo è durato quasi quattro anni, dal 2011 al 2015. Questa mattina i loro genitori sono stati condannati con l’accusa di maltrattamenti. a una pena di 3 anni e sei mesi di reclusione e il pagamento di una provvisionale di 10mila euro a favore di ciascun figlio.
A svelare l’orrore e a far venire alla luce la terribile vicenda è stata una delle ragazzine che si è confidata con un’insegnante. La mamma si era giustificata dicendo: «Vivevamo in sette in pochi metri quadrati, eravamo in una situazione disperata e nessuno ha mai compreso le nostre difficoltà».

Frustavano figli col filo elettrico: “Preferisco morire che tornare a casa”

«Piuttosto che tornare a casa, io mi uccido. Non voglio più stare con mamma e papà. Papà ci picchia e io preferisco morire”. Erano state queste parole, rivolte da una delle ragazzine alla propria insegnante.

I due genitori hanno sempre negato ogni accusa, ma dalle indagini è emerso che il padre usava nei confronti dei ragazzini, che all’epoca dei fatti avevano tra i 10 e i 18 anni, punizioni corporali di eccessiva violenza: li frustava con il filo elettrico sulle mani e sotto le punte dei piedi, li legava alle sedie e li ha costretti a frequentare la scuola araba e portare il velo.

Per questi motivi  il pubblico ministero Dionigi Tibone aveva chiesto cinque anni di reclusione per il padre e tre anni e sei mesi per la madre, che non solo non si era mai opposta alle violenze, ma segnalava al marito le ‘malefatte’ dei figli. Stando alla ricostruzione dell’accusa, i bambini la pregavano di non avvertire il papà “che dava le botte“.

“Nella mia lunga carriera ho affrontato pochi casi così gravi”, ha spiegato in aula il magistrato. “I genitori hanno sempre rigettato ogni accusa e non hanno mai chiesto scusa, non si sono mai fermati a riflettere sui loro errori. Non hanno capito il danno che hanno fatto ai loro figli, oggi psicologicamente distrutti”.  I ragazzi sono stati affidati ad una comunità protetta e i giudici hanno stabilito che dovranno essere risarciti con diecimila euro ciascuno.

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