Woody Allen compie 90 anni: celebriamo il genio del romanticismo e della nevrosi newyorkese.
C’è un uomo che ha trasformato le proprie fragilità in arte, e le sue nevrosi in un linguaggio universale: Woody Allen. Il regista è riuscito a trasformare la timidezza dello shlemiel ebreo newyorchese in una filosofia di vita, attraverso una lente deformante e lucidissima con cui osservare il mondo. Da oltre sessant’anni, Allen racconta con ironia e malinconia le miserie e i paradossi dell’esistenza umana, alternando risate e sconforto, jazz e filosofia, amori impossibili e sensi di colpa. Oggi, all’apice dei 90 anni, resta uno dei veri autori del cinema contemporaneo, un uomo che ha saputo mescolare Ingmar Bergman con Groucho Marx, Fedor Dostoevskij, Sigmund Freud e George Gershwin, camminando sul filo del dubbio con leggerezza.
La Musica di New York: Una Dichiarazione d’Amore
Woody Allen, all’anagrafe Allen Stewart Konigsberg, è nato a Brooklyn. La sua città natale è diventata la sua musa e il suo eterno palcoscenico. “Manhattan” (1979) non è solo un film, ma una vero atto d’amore in bianco e nero verso una metropoli intrisa di malinconia e speranza. La pellicola offre uno spaccato di una società complessa, fatta di scrittori insicuri, donne misteriose e relazioni emotivamente intricate, rispecchiando la difficoltà di chi interroga incessantemente la propria esistenza.
Prima di approdare a “Io e Annie”, il film che nel 1978 gli ha valso quattro Oscar, Woody Allen ha intrapreso una carriera da comico di cabaret e battutista televisivo. Scriveva gag per altri, finché ha trovato la propria voce e il proprio stile in film che mescolano satira e assurdo. Questa evoluzione ha segnato l’inizio di un percorso cinematografico unico: dai primi successi come “Prendi i soldi e scappa” (1969) e “Il dittatore dello stato libero di Bananas” (1971), fino ai colpi di genio di “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere” (1972) e “Il dormiglione” (1973).
