Ascolta “I’ve Seen All I Need to See”: un’esperienza musicale di intensa oppressione.
Un Album Veramente Terrificante: I’ve Seen All I Need to See
Ci sono pochi album che possono essere considerati veramente spaventosi. Tra questi, “You Won’t Get What You Want” dei Daughters e “To Be Kind” dei Swans si distinguono subito. Questi dischi, però, portano con sé un certo “bagaglio” emotivo. “I’ve Seen All I Need to See” dei The Body manca di quella spettralità atmosferica e delle incursioni pop minacciose tipiche di altri lavori, ma si fa notare per una brutalità inarrestabile. Non è la colonna sonora di un film slasher, ma il ritratto della scena più violenta di un horror cupo, espresso attraverso percussioni potenti e chitarre detunizzate.
L’apertura dell’Album
Il disco si apre con una lettura di “The Kaleidoscope” di Douglas Dunn, una poesia che parla di essere intrappolati in un ciclo di dolore. Le percussioni sparse battono in modo aritmico, accompagnate da esplosioni di rumori e da un drone metallico profondo. Quando scivola verso il brano “A Lament”, il scream distante del vocalist e chitarrista Chip King fa vibrare le corde emotive. Il pezzo sembra avere difficoltà a decollare, presentandosi in un flusso intermittente che cattura l’attenzione.
“Arte di qualità non è necessariamente arte piacevole.” Questa affermazione stabilisce il tono per l’intero album, che si compone più di un monolito ininterrotto in omaggio al potere della distorsione, piuttosto che di una semplice collezione di canzoni. Qui, è fondamentale ammettere che “I’ve Seen All I Need to See” non è adatto a tutti. La musica è perlopiù atonale e i brani tendono a mescolarsi l’uno con l’altro. Anche quando le percussioni accelerano oltre il ritmo funerario, le canzoni rimangono pesanti, come se la band stesse cercando di suonare per uscire da una palude.
