La sofferenza dei genitori quando i figli lasciano il nido: la sindrome del nido vuoto

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La stanza vuota, il silenzio che si annida per la casa, porzioni di cibo in meno da preparare e quella sensazione di “smarrimento” che deriva dall’avere più tempo a disposizione per se stessi e per la coppia sono solo alcuni degli aspetti della cosiddetta sindrome del nido vuoto. Si tratta di una condizione psicologica di malessere che può colpire i genitori nel momento in cui i loro figli lasciano il tetto familiare.

Raccontata – talvolta ironicamente, altre drammaticamente – da cinema e letteratura, la sindrome può causare un vero e proprio disagio, spesso molto profondo e duraturo nel corso del tempo. Di che cosa si tratta, nello specifico? Scopriamolo insieme.

Cos’è la sindrome del nido vuoto? Con l’espressione sindrome del nido vuoto ci si riferisce all’insieme di sensazioni provate dai genitori in seguito alla decisione, da parte dei propri figli, di vivere da soli, trasferirsi all’estero o in un’altra città o andare a convivere. Si tratta, dunque, di quel miscuglio di tristezza, apatia, malinconia e solitudine che interessa la maggior parte delle famiglie al momento del distacco dalla propria prole.

In alcune circostanze, il dolore esperito può accostarsi anche a quello di un lutto, rendendo la separazione ancora più complessa da elaborare e da accogliere con serenità. Il risultato è un’autentica sensazione di “abbandono”, cui seguono tutte le fasi che, solitamente, lo accompagnano in altre circostanze, dalla negazione alla rabbia, dalla tristezza all’accettazione finale.

I sintomi della sindrome del nido vuoto includono solitudine, tristezza profonda, depressione, ansia e attacchi di panico, incertezza e insicurezza, perdita di senso della vita e dell’identità, insonnia, irritabilità e nervosismo, isolamento, senso di colpa, abbandono, preoccupazione eccessiva.

Le cause e le implicazioni psicologiche dietro la sindrome del nido vuoto spesso comprendono traumi non elaborati. Può trattarsi del ruolo che il genitore acquisisce nel corso della sua vita e che può creare una crisi identitaria nel momento in cui i figli non occupano più la maggior parte del suo spazio mentale, del suo tempo e delle sue fatiche giornaliere.

Gli stereotipi spingono spesso a credere che siano le donne a soffrire maggiormente dell’allontanamento da casa dei figli, mentre studi recenti hanno dimostrato come anche gli uomini non ne siano esenti. Pare che la differenza tra madri e padri sia la modalità attraverso la quale esprimono il dolore per il distacco dai figli.

Quanto può durare la sindrome del nido vuoto? Ciascun individuo è diverso, ma il periodo necessario per superare la sindrome sembra essere di circa tre o quattro mesi. Tuttavia, per molti genitori è una risposta emotiva anticipatoria che può creare dolore al solo pensiero e durare anni interi.

I rimedi alla sindrome del nido vuoto possono includere prendere consapevolezza delle emozioni, confrontarsi con qualcuno per sfogarsi, dedicarsi al nutrimento dell’amore di coppia, e ripensare la propria routine per aumentare benessere, autostima e gioia interiore. In generale, se il malessere persiste nel tempo, è consigliabile rivolgersi alla psicoterapia per ottenere sostegno nella superare i sintomi della sindrome.

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