COP30: la bozza esclude le fonti fossili, ignorate le richieste di roadmap per il futuro.

COP30: la bozza esclude le fonti fossili, ignorate le richieste di roadmap per il futuro.

COP30: la bozza esclude le fonti fossili, ignorate le richieste di roadmap per il futuro.

Fossili: la Cop30 e l’incertezza globale

Le prospettive di definire una chiara tabella di marcia per l’eliminazione dei combustibili fossili restano in forte incertezza, nonostante un crescente consenso su tale necessità. Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla COP30 attualmente in corso, si solleva la questione cruciale su come i governi intendano affrontare la transizione energetica.

In data 21 novembre, è stato reso pubblico un nuovo testo provvisorio sui risultati dei negoziati di COP30, un documento che ha suscitato sconcerto poiché non include alcun riferimento esplicito ai combustibili fossili. Tale esclusione ha attirato pesanti critiche da esperti e organizzazioni ambientaliste, che hanno descritto il documento come “potenzialmente vuoto”, incapace di garantire che l’aumento della temperatura globale non superi la soglia dei 1,5°C.

La mancanza di una tabella di marcia chiara

La questione della transizione dai combustibili fossili non era inizialmente un tema centrale nella COP30, ma ha guadagnato visibilità grazie alla pressione politica. A oggi non si chiede ai Paesi di concordare su una reale tabella di marcia per l’eliminazione dei combustibili fossili, ma solo di stabilire una “tabella di marcia della tabella di marcia”. Questo significa che ogni paese può fissare i propri obiettivi senza vincoli specifici, un approccio che ha suscitato forti resistenze, in particolare dopo quanto concordato durante COP28 a Dubai.

Al vertice di Dubai, quasi 200 Paesi si erano impegnati a dare avvio a un’uscita giusta e ordinata dai combustibili fossili per raggiungere emissioni nette zero entro il 2050. Recentemente, il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha richiamato l’attenzione sul tema, affermando: “Dobbiamo iniziare a pensare a come vivere senza combustibili fossili.”

Il 18 novembre, oltre 20 ministri di vari Paesi si sono riuniti per richiedere che l’intesa finale del vertice includa un impegno chiaro per sviluppare una tabella di marcia per l’eliminazione dei combustibili fossili. Questo appello ha trovato eco in più di 80 nazioni, comprese potenze come Regno Unito, Germania e Paesi Bassi, insieme a Paesi in via di sviluppo come Colombia e Kenya.

L’incendio scoppiato nella sede della COP30 il 20 novembre ha complicato ulteriormente le già delicate trattative, indugiando su un possibile accordo finale. Con la chiusura del vertice imminente e senza segnali concreti di progresso, la proroga del termine sembra quasi inevitabile.

La situazione critica nei documenti di COP30

Nei summit ONU sul clima, i testi negoziali attraversano numerose revisioni prima di giungere a una forma finale, poiché devono ottenere l’approvazione di quasi 200 Paesi. Nel documento precedente al recente aggiornamento, erano incluse tre opzioni per arrivare a un accordo sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Tuttavia, queste proposte sono state cancellate, principalmente a causa dell’opposizione dei Paesi produttori di petrolio.

Il nuovo testo richiede di riconoscere l’importanza di una “risposta efficace e progressiva” alla crisi climatica. Mentre viene sottolineato il legame tra gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura globale e le emissioni basse di gas serra, non vi è un collegamento diretto con la transizione dai combustibili fossili. La dichiarazione riconosce anche le difficoltà che i Paesi in via di sviluppo affrontano nel passaggio a politiche climatiche più pulite, menzionando vincoli finanziari e tecnici.

Oltre a questo, si fa appello a triplicare i finanziamenti disponibili per aiutare i Paesi a adattarsi ai cambiamenti climatici entro il 2030, rispetto ai livelli del 2025. Tuttavia, molti osservatori ritengono che Paesi ricchi di combustibili fossili, come l’Arabia Saudita, stiano ostacolando il progresso in tal senso.

Secondo Bronwen Tucker di Oil Change International, nonostante ci sia un numero elevato di Paesi favorevoli a una rapida transizione, le nazioni economicamente più forti continuano a ritirarsi dall’impegno di fornire finanziamenti pubblici senza indebitamenti e a condizioni eque. Questo aspetto è centrale per una transizione equa: “Siamo qui per ottenere un PACCHETTO di COP30 che promuova giustizia ed equità” ha sottolineato un portavoce dell’organizzazione.

Bruce Douglas, CEO della Global Renewables Alliance, ha dichiarato che se alla COP30 non si raggiungerà un accordo sulla tabella di marcia per la transizione dai combustibili fossili, i Paesi perderanno un’opportunità storica. “Il mondo ha bisogno urgentemente di un piano pratico che garantisca una transizione rapida e giusta”, ha affermato.

Investire nelle energie rinnovabili ha già dimostrato di avere un senso economico, con il settore privato in prima linea. Gli investimenti nelle energie rinnovabili superano già quelli nei fossili con un rapporto di 2 a 1, e ora è fondamentale che i governi allineino politiche e finanza per garantire una crescita sostenibile.

Fonti ufficiali come le dichiarazioni rilasciate dalle Nazioni Unite e dalle organizzazioni ambientaliste rafforzano l’urgenza della situazione: è indispensabile trasformare le parole in azioni concrete per affrontare la crescente crisi climatica.

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