Dazi globali: commercio mondiale resistente, impatti significativi attesi nel lungo periodo secondo UPB

Dazi globali: commercio mondiale resistente, impatti significativi attesi nel lungo periodo secondo UPB

Nel secondo trimestre del 2025, gli scambi internazionali hanno subito un rallentamento...

Nel secondo trimestre del 2025, gli scambi internazionali hanno subito un rallentamento significativo, dopo un inizio d’anno sostenuto dalle importazioni statunitensi. L’inasprimento dei dazi americani, combinato con l’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, ha eroso la competitività degli esportatori europei, causando un calo delle esportazioni verso Stati Uniti e Cina. Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo le previsioni per il 2025, ma ridotto le stime di crescita del Pil nell’area euro per il 2026, in un contesto caratterizzato da incertezze e volatilità dei prezzi energetici. Le banche centrali mantengono un atteggiamento prudente, monitorando l’evoluzione dell’inflazione.

Rallentamento degli scambi internazionali e impatto delle tensioni commerciali nel secondo trimestre 2025

Nel secondo trimestre del 2025, il commercio internazionale ha subito un marcato rallentamento, dopo un inizio anno caratterizzato da una forte crescita delle importazioni dagli Stati Uniti. L’imposizione di dazi americani finora non ha mostrato effetti evidenti sui prezzi, ma è previsto che l’inasprimento tariffario eserciti un impatto significativo nel tempo. Parallelamente, l’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, che dall’inizio dell’anno è aumentato del 13%, sta contribuendo a una diminuzione della competitività per gli esportatori europei, come evidenziato nella recente nota economica dell’Ufficio parlamentare di bilancio.

I dati più recenti indicano una netta contrazione dell’export dell’area euro a partire da aprile, con una riduzione su base annua particolarmente marcata nei flussi destinati agli Stati Uniti e alla Cina, rispettivamente del 22,2% e dell’11,3% nel mese di agosto. L’effetto combinato dei dazi e del cambio valutario sfavorevole potrebbe generare un costo aggiuntivo di circa 30 punti percentuali per gli importatori americani rispetto all’anno precedente, un elemento che inciderà sulle dinamiche commerciali tra i due continenti.

Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale segnalano un miglioramento delle aspettative per l’anno in corso, mentre quelle sulla crescita del Pil nell’area euro per il 2026 sono state riviste al ribasso. L’incertezza che permea le ipotesi di base rende le stime particolarmente sensibili a possibili rapide variazioni. I prezzi delle materie prime energetiche restano contenuti, ma la volatilità potrebbe aumentare nei prossimi mesi, influenzando ulteriormente il quadro economico.

Le banche centrali, sia europea che americana, mantengono un atteggiamento prudente nel valutare un possibile allentamento delle politiche monetarie. L’evoluzione dell’inflazione sarà il fattore determinante delle decisioni future. Nell’area euro l’inflazione tende a convergere verso l’obiettivo del 2% fissato dalla Banca Centrale Europea, pur mostrando aumenti rilevanti in Germania e Spagna. Negli Stati Uniti, le aspettative inflazionistiche rimangono più elevate rispetto all’Europa, senza subire impatti significativi dalla guerra commerciale avviata dall’Amministrazione americana.

Rallentamento degli scambi internazionali e impatti sui mercati europei nel 2025

Durante il secondo trimestre del 2025, gli scambi commerciali globali hanno subito un brusco rallentamento, dopo una prima parte d’anno caratterizzata da un forte aumento delle importazioni provenienti dagli Stati Uniti. Nonostante l’introduzione dei dazi statunitensi, al momento non si rilevano impatti significativi sui prezzi, ma si prevede che tali misure tariffarie eserciteranno effetti più marcati con il passare del tempo. A questo scenario si aggiunge l’apprezzamento dell’euro contro il dollaro, che ha raggiunto un aumento del 13% dall’inizio dell’anno, determinando una perdita di competitività per le esportazioni europee. Questi elementi emergono chiaramente dall’analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio.

Dati recenti mostrano un netto rallentamento delle esportazioni nell’area euro a partire da aprile 2025, con un calo significativo dei flussi verso Stati Uniti e Cina in agosto, rispettivamente del 22,2% e dell’11,3% su base annua. La combinazione degli effetti dei dazi e del cambio sfavorevole rappresenta un costo aggiuntivo stimato intorno al 30% per gli importatori americani rispetto all’anno precedente. Questa dinamica è destinata a complicare ulteriormente le relazioni commerciali transatlantiche, influenzando i margini e le strategie degli esportatori europei.

Le previsioni economiche del Fondo Monetario Internazionale sono state aggiornate, con un miglioramento delle stime di crescita per il 2025, mentre quelle relative al Pil dell’area euro nel 2026 sono state leggermente riviste al ribasso. Rimane elevata l’incertezza che circonda le ipotesi alla base di queste proiezioni, rendendo probabili cambiamenti rapidi in risposta a sviluppi economici imprevisti. Nel frattempo, i prezzi delle materie prime energetiche si mantengono su livelli contenuti, anche se la volatilità potrebbe aumentare nei prossimi mesi, influenzando la stabilità dei mercati.

Le banche centrali europee e statunitensi mantengono un atteggiamento prudente riguardo alla possibilità di allentare le condizioni monetarie, monitorando attentamente l’andamento dell’inflazione. Nell’area euro, il tasso inflazionistico continua a dirigersi verso l’obiettivo del 2% stabilito dalla Banca Centrale Europea, anche se alcune nazioni come Germania e Spagna registrano pressioni inflazionistiche in crescita. Negli Stati Uniti, le aspettative inflazionistiche restano superiori a quelle europee e appaiono meno influenzate dalle tensioni commerciali legate alle politiche tariffarie dell’Amministrazione americana.

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