Orsini: Dazi penalizzano l’economia, rischio 20 miliardi di perdite e impatto al 23,5%

Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha evidenziato l’impatto negativo dei dazi al 10% sull’industria italiana, sottolineando che, considerando la svalutazione del dollaro, l’effetto reale è pari al 23,5%. Questo incremento può compromettere gravemente l’export, portando a una potenziale perdita di 20 miliardi e 118 mila posti di lavoro entro il 2026. Orsini avverte che l’Italia non esporta solo beni di lusso, ma anche macchinari e mezzi di trasporto, il che rende la situazione particolarmente critica. Inoltre, propone di cercare soluzioni diplomatiche piuttosto che rispondere con misure protezionistiche.
Dazi sulle esportazioni italiane: una minaccia per l’industria
ROMA (ITALPRESS) – I dazi del 10% imposti all’industria italiana non possono essere considerati sostenibili, anzi, il loro impatto è sottovalutato. Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, sottolinea che la realtà è più complessa: non si tratta di semplice dazio del 10%, ma si arriva addirittura al 23,5% se si include la svalutazione del dollaro, che ha raggiunto il 13,5% dall’inizio della presidenza di Trump. Quindi, un prodotto che un anno fa un’azienda italiana vendeva negli Stati Uniti a 100, ora costa al cliente americano 123.
Orsini avverte che se i dazi dovessero aumentare fino al 50% dal 9 luglio, non significa che quello attuale del 10% possa essere considerato gestibile. Le conseguenze, infatti, sarebbero drammatiche: rischiamo di perdere 20 miliardi di euro in esportazioni e 118.000 posti di lavoro entro il 2026. Questa situazione non deve essere presa alla leggera, poiché coinvolge direttamente l’economia del paese.
Non possiamo dimenticare, aggiunge, che l’Italia esporta una vasta gamma di beni, non solo prodotti di lusso, ma anche macchinari, mezzi di trasporto e articoli in pelle. Ridurre la situazione a una semplificazione estrema rischia di compromettere il nostro intero settore produttivo. È fondamentale riconoscere la diversità della nostra produzione e il suo valore nell’economia globale.
In merito alle possibili reazioni europee, Orsini spiega che rispondere a dazi con ulteriori dazi comporterebbe danni ancora maggiori. È necessario cercare un equilibrio, evitando minacce e proponendo vantaggi in cambio di politiche tariffarie più ragionevoli da parte degli Stati Uniti. È essenziale concentrarsi su questo mercato fondamentale per l’Italia, ma anche aprire nuove opportunità commerciali altrove, garantendo una strategia a lungo termine.
Le Conseguenze dei Dazi sull’Industria Italiana
ROMA (ITALPRESS) – L’attuale situazione dei dazi al 10% per l’industria italiana rappresenta una questione di grande rilevanza. Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha rivelato in un’intervista al Corriere della Sera che la realtà è ben più complessa: non si tratta semplicemente di un dazio del 10%, bensì del 23,5%, considerando anche la svalutazione del dollaro di 13,5% dall’insediamento di Trump. Questo significa che un prodotto che un anno fa veniva venduto a 100 dollari ora costa 123 dollari per i clienti americani.
Orsini mette in guardia riguardo ai potenziali danni che questa situazione potrebbe causare. Se i dazi dovessero aumentare al 50% dal 9 luglio, i dazi attuali al 10% non sarebbero comunque sostenibili. Si stima che, con dazi al 10% nel 2026, l’Italia potrebbe subire perdite significative, pari a 20 miliardi di euro in esportazioni e 118 mila posti di lavoro a rischio.
Un altro punto fondamentale è la tipologia di prodotti esportati dall’Italia. Orsini sottolinea che l’Italia non si limita a vendere articoli di lusso, la cui domanda è meno sensibile ai cambiamenti di prezzo, ma soprattutto macchinari, mezzi di trasporto e pelletteria. Questa diversità rende anche più complessa la questione dei dazi.
Infine, viene evidenziata l’importanza di adottare una strategia equilibrata. Rispondere ai dazi con ulteriori misure restrittive potrebbe comportare danni ancor più gravi. È necessario puntare a una politica commerciale più ragionevole da parte degli Stati Uniti, creando opportunità e vantaggi reciproci. È altrettanto fondamentale non trascurare il mercato statunitense, pur cercando di esplorare nuove opportunità in altri mercati.
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