Scuole in crisi: errori nei concorsi e precarietà, un urgente bisogno di cambiamento.
Nelle scuole italiane si sta vivendo una crisi profonda e insostenibile. Il lavoro degli insegnanti e del personale ATA è caratterizzato da condizioni sempre più difficili. L’usura professionale si manifesta attraverso la precarietà cronica, episodi di aggressioni sempre più frequenti e classi sovraffollate, con 28-30 alunni. A questo si aggiungono gli oneri burocratici in continuo aumento e la formazione obbligatoria svolta al di fuori dell’orario di lavoro, senza alcun riconoscimento. Tutto ciò genera livelli di stress elevati e rischi di burnout, già nei primissimi anni di carriera.
Negli ultimi anni, si è inoltre assistito al mancato riconoscimento della mobilità intercompartimentale per i docenti, come se l’insegnamento non fosse considerato un lavoro usurante a tutti gli effetti. Agli insegnanti sono sempre più frequentemente richiesti compiti burocratici addizionali: relazioni, documentazioni e procedure che distolgono tempo ed energie dalla didattica. Queste pressioni rendono sempre più difficile per i docenti concentrarsi su ciò che dovrebbe essere il fulcro del loro lavoro: l’insegnamento.
Rivendicazioni per un cambiamento necessario
È fondamentale tornare a una visione del ruolo del docente che ponga l’insegnamento al centro, alleggerendo il carico burocratico e rivedendo le priorità del sistema scolastico. In una situazione già fragile, il concorso PNRR 3 del 27 novembre scorso ha evidenziato ulteriormente l’incertezza presente nel settore, rivelando errori e disorganizzazione. Durante la prova scritta per l’Infanzia e la Primaria, infatti, sono emerse imprecisioni significative che evocano problematiche analoghe riscontrate in precedenti concorsi PNRR, alimentando un sentimento di sfiducia nei confronti delle procedure organizzative.
Molti candidati hanno manifestato preoccupazione per le modalità con cui sono state progettate le prove, che sembrano richiedere precisione solo a loro, mentre chi elabora le prove mostra carenze di attenzione. Davanti a questa precarietà strutturale e a contratti a termine reiterati impropriamente, la soluzione più sensata sarebbe quella di creare posti di lavoro reali. Ciò includerebbe la mobilità intercompartimentale, la revisione dei requisiti pensionistici, l’assunzione degli idonei da concorsi passati e la stabilizzazione dei precari storici, riformando nel contempo il sistema di reclutamento.
