Il prosciutto di Parma è a rischio a causa della Peste Suina? Stefano Fanti: “Il prodotto è sicuro per l’uomo ma…”

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Oggi a Uno Mattina si è parlato della Peste Suina e del suo impatto sulla produzione del prosciutto in Emilia Romagna, in particolare nella provincia di Parma. Tuttavia, il problema riguarda anche grano, olivi e tutto il territorio italiano. Stefano Masini, responsabile alimentare di Coldiretti, ha spiegato che i ministri hanno introdotto norme che le regioni devono adottare per difendersi dalla peste suina e per ripristinare l’equilibrio negli ecosistemi boschivi, dove il sovraffollamento di animali come i cinghiali altera l’equilibrio naturale.

Per intervenire direttamente, Masini ha sottolineato la necessità di un piano straordinario rinnovabile ogni cinque anni, che fornisca alle regioni tempistiche e strumenti per interventi mirati. È essenziale coinvolgere tutte le parti interessate e adottare misure di contenimento, come l’utilizzo di armi, trappole e altre tecniche per gestire la popolazione animale.

Il problema della Peste Suina e del prosciutto di Parma ha riflessi sull’agricoltura e sull’ambiente, con danni segnalati anche agli ecosistemi. Masini ha evidenziato come gli agricoltori siano diventati essenziali per la conservazione di alcune aree, ma altri danni possono verificarsi, come il deterioramento delle foreste a causa dell’attività degli ongulati.

Stefano Fanti, direttore del consorzio Prosciutto di Parma, ha ribadito i rischi per il settore dovuti alla diffusione del virus tra i suini. L’azione per contenere il problema è fondamentale, con interventi mirati per identificare e abbattere i cinghiali infetti.

Le esportazioni sono attualmente bloccate in alcune nazioni, ma Fanti ha rassicurato sul fatto che il prosciutto di Parma, grazie alla sua lunga stagionatura, continua ad avere mercato. Anche per quanto riguarda la salute umana, non ci sono preoccupazioni riguardo al consumare il prodotto.

Infine, Masini ha sottolineato l’importanza di sostenere e promuovere il lavoro degli agricoltori, soprattutto in aree rurali dove spesso si risente dell’abbandono istituzionale. Nuove politiche di prossimità potrebbero essere la chiave per garantire la protezione dei territori e delle produzioni locali.

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