Le tre sfide della scuola italiana: riformismo, progettualità e managerialismo.
La terza patologia, nota come “dirigentite”, rappresenta un aspetto organizzativo e gestionale di questa deriva. Con l’introduzione di figure dirigenziali, la scuola italiana ha abbandonato una leadership collegiale per abbracciare una visione manageriale, focalizzata sull’efficienza e sulla responsabilità individuale. Tuttavia, questa transizione ha portato a una concentrazione del potere decisionale e a una diminuzione della partecipazione democratica. La “dirigentite” riflette la tendenza dei dirigenti a percepirsi come manager d’impresa, piuttosto che come leader educativi, compromettendo la dimensione pedagogica e relazionale necessaria in un ambiente scolastico. Il risultato è una verticalizzazione del potere, dove la scuola rischia di diventare un’organizzazione amministrata piuttosto che una comunità educativa.
Interconnessione tra le Patologie
Queste tre problematiche si alimentano reciprocamente, creando un circolo vizioso difficile da spezzare. La bulimia riformistica porta a instabilità, giustificando così la proliferazione di nuovi progetti; la “progettite” legittima una figura dirigenziale centralizzata e operativa; infine, la “dirigentite”, con la sua enfasi sull’efficienza, perpetua un ciclo che genera ulteriori riforme e progetti. Questo processo svuota l’autonomia scolastica della sua essenza, riducendola a un insieme di procedure burocratiche.
La mancanza di integrazione tra i vari elementi del sistema scolastico compromette la possibilità di un’autonomia autentica, fondata sul pensiero critico e sulla partecipazione attiva di tutte le parti coinvolte. L’autonomia dovrebbe ritornare a rappresentare un valore educativo, capace di armonizzare il rapporto tra istituzioni scolastiche, famiglie e studenti, in una dimensione di corresponsabilità. Senza questo recupero del significato originale, l’autonomia potrebbe rischiare di diventare semplicemente un termine vuoto, associato a pratiche formali e palliative.
