Quinto Round, Gianluca Ales: “In Italia il 30% del PIL ha origine criminale”

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Dopo il successo del suo primo noir, “Una notte sbagliata”, Gianluca Ales continua le avventure del commissario Avitabile, del sostituto procuratore Dottor Morabito, della bella Graziani dagli occhi da cerbiatta e il pensiero fino, e dell’ex “speznaz” russo Igor Ilic Padorin, ex affiliato alla mafia siberiana ospitato dal buon cuore dell’ucraina Irina.

Tutti loro, insieme a un politico corrotto, Taddeo Malfatti, a Zu’ Toni, e a Ottavio, il nick di uno dei boss della mafia cinese, hanno vita in “Quinto Round”, che narra di un “Capodanno di sangue” con 11 morti per mano della mala romana, della ‘ndrangheta calabrese, della mafia siciliana e delle Triadi cinesi. Il lavoro editoriale di Ales è intriso di durezza, di un forte senso di realtà e di tanta ricerca sui fatti realmente accaduti e documentati anche attraverso stralci di giornali.

Si respira, nelle sue pagine, una continua lotta tra bene e male, alla ricerca di confini che definiscano il legale e l’illegale mentre tutti i suoi personaggi hanno imparato a convivere con un passato sullo stomaco, mai digerito del tutto. Qualche rigurgito affiora, di tanto in tanto, mentre nella Roma Nord e nella Roma del centro, il traffico di stupefacenti cresce e una scommessa di morte non si arresta. Tanto da consumarsi su un ring, in un hangar fatiscente, fino a che non ne resterà uno.

Il libro verrà presentato oggi a Senigallia nell’ambito della rassegna “Ventimilarighe sotto il mare in Giallo”. A dialogare con l’autore ci sarà Andrea Rossini, giornalista del Corriere Adriatico e scrittore. L’appuntamento è a Palazzetto Baviera alle 19:15.

Come nasce l’idea di Quinto Round?

«Difficile dirlo, sono un “ruminante”. Penso a una storia per anni, la accantono là, poi ci ritorno, la affino, poi la mollo di nuovo, fino a quando non penso sia arrivato il momento di metterla nero su bianco. Anche se per “Quinto Round” è un po’ più semplice capire il cosa e il quando. Sono stato agonista di Kick Boxing, in tempi pionieristici.

All’epoca – non ero un campione, tutt’altro, ma me la cavavo – mi offrirono di fare il buttafuori e di partecipare a degli incontri clandestini: la borsa era di 500mila lire a match. Frequentai un po’ quel mondo: le discoteche, quel milieu criminale di basso livello che circondava la movida romana, gli incontri che erano veri e propri macelli, violentissimi, e che non ebbi mai il coraggio di combattere.

Mi dissi: e se uno di questi combattenti si innamorasse di una ragazza bellissima e maledetta, la donna di un boss? Poi all’epoca ero letteralmente infatuato da Chandler. Il resto venne da sé. Ma dall’87, quando mi è venuto il primo lampo, ad oggi, ne è passato di tempo».

Tra i personaggi del suo romanzo, c’è Padorin che ricorda un po’ la penna di Lilin…

«È un debito che riconosco senza alcuna difficoltà e che rinnovo ad ogni pubblicazione. All’epoca della prima stesura del mio primo romanzo, “Una notte sbagliata”, doveva essere solo un tizio, forse albanese, che moriva quasi subito. Poi ho incontrato Lilin e mi sono detto: perché non russo? Perché non un corpo speciale?

E insomma, è la solita storia dei personaggi che prendono il sopravvento. Padorin è un po’ come il Montalbano di Camilleri, un omaggio alla penna di un altro scrittore che si stima. Anche se devo confessare che nei confronti di Lilin nutro gli stessi sentimenti o che ho per Celine e Conrad. Adoro la loro letteratura. Detesto il loro pensiero. Ma il bello della letteratura è anche questo: è un ponte, non un muro».

Dalle sue pagine emerge la penetrazione della ‘ndrangheta nel tessuto della Capitale e della “rotta del Sud”. Parla di Isis e delle organizzazioni jihadiste, della “ricomparsa massiccia” della cocaina. È una denuncia?

«Denuncia? No, davvero, nulla di nuovo. È tutto già scritto, nei rapporti della DEA e della DIA… una volta la CIA andò da Tom Clancy e gli chiese dove avesse mai preso tutte le informazioni riservate che forniva nei suoi libri e Clancy rispose serafico: ”è già stato scritto tutto”. Era 30 anni fa. Ora, con Internet, sapendo cercare, si può davvero approfondire ogni argomento.

Il Southern Path, la penetrazione della ‘ndrangheta e delle organizzazioni criminali italiane e straniere nell’economia sono tutti fatti noti e ampiamente documentati dai giornali e dai media più o meno tradizionali. Solo che ogni tanto ce lo scordiamo: ma la realtà è che l’Italia è una nazione in cui il 30% del PIL ha origine criminale.

Nelle acque reflue di Roma e Milano sono stati riscontrati tassi di cocaina più alti di Londra, che ha 14 milioni di abitanti. Cioè il quadruplo delle due cità messe assieme. L’Italia è un ponte che unisce il Nord al Sud e l’Ovest all’Est del Mondo. Da sempre».

Il suo ultimo lavoro editoriale segue a “Una notte sbagliata”, sempre edito con Imprimatur, e sempre ambientato in una Roma parallela, dando voce agli stessi personaggi. Il commissario Avitabile e gli altri continueranno dopo il Capodanno di sangue di Quinto Round?

«Il mio modello, per certi aspetti, è James Ellroy, che ha creato un universo parallelo di personaggi che popolano la Los Angeles dagli anni ‘40 agli anni ‘80. Io ne ho creato un altro che si muove nella Roma di oggi. È alternativo, ma plausibile. E qui posso ambientare moltissime storie. Fosse per me, ne avrei in cantiere almeno altre 3. Starà all’editore, ma soprattutto ai lettori, decidere se gli andrà di leggerne ancora».

“Il tempo è un vortice”, si legge ad un certo punto nella narrazione della storia. Come a dire che non scandisce il momento, ma risucchia vita senza mai redimere. Forse è una fotocopia di giorni di sangue?

«Non credo alla linearità del tempo. Non mi addentro nei paradossi della fisica quantistica, ma insomma, pare che sia una faccenda molto più complicata. È per questo, forse, che uso il presente nei flashback, mentre narro il presente al passato… Comunque no, non penso che  la storia sia una ripetitiva sequenza di sangue.

Ma non possiamo neanche chiudere gli occhi di fronte all’evidenza: la violenza è parte integrante del nostro dna, e il fascino che esercita su di noi è pari solo al sesso. Noi – cittadini privilegiati dell’Occidente – pensiamo di poterla relegare ai notiziari: al cosiddetto terzo mondo, oppure a realtà marginali, come le periferie. Non è così. Non la vediamo. Non la vogliamo vedere. Ma i nostri piedi, il nostro benessere, le nostre quotidianità, affondano nel sangue».

 

 

Chi è Gianluca Ales

Gianluca Ales è un giornalista, un conduttore e un inviato all’estero per SkyTg24. Il suo lavoro lo ha portato a coprire alcuni degli eventi più importanti degli ultimi anni: le elezioni palestinesi, il funerale di Arafat, gli attentati di Madrid, il terremoto di Bam, lo tsunami di Banda Aceh, in Indonesia. Un cronista con l’elmetto, dato che è stato testimone di diversi conflitti: Afghanistan, Libia, Gaza, Egitto. Nel frattempo ha trovato il tempo di cimentarsi con un’altra forma di scrittura, diversa da quella giornalistica: la narrativa. Ha pubblicato il racconto “Geli” nei Gialli Mondadori (2002), e il romanzo “Una notte sbagliata” con Imprimatur (2014).

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