Scuola senza smartphone: arriva il ‘professore tascabile’ per insegnamenti alternativi e innovativi.
L’Italia e il divieto di cellulari a scuola
L’Italia ha preso una posizione chiara: i cellulari non sono più benvenuti tra i banchi di scuola. Il Ministero dell’Istruzione ha riaffermato con fermezza il divieto, sembrando quasi considerare il dispositivo mobile come un male da estirpare. Mentre i dirigenti scolastici pubblicano circolari e gli insegnanti vigilano, il mercato, d’altro canto, introduce nuovi dispositivi specificamente progettati per i più piccoli: telefonini “per minori”, economici e dotati di intelligenza artificiale. Questi strumenti digitali promettono di fornire spiegazioni, correggere errori e proporre verifiche e video lezioni. Un tutor digitale sempre disponibile, una sorta di professore tascabile, si fa strada tra le mani dei bambini. Il paradosso è evidente: lo Stato vieta ciò che l’industria trasforma in strumento educativo.
Ma cosa ci dicono i dati? La realtà parla chiaro: più di un bambino su tre tra i sei e i dieci anni utilizza lo smartphone quotidianamente, quasi il doppio rispetto a cinque anni fa. Tra gli undicenni e i tredicenni, oltre il 60% possiede già almeno un account social. Quelle che una volta erano considerazioni occasionali ora rappresentano una componente fondamentale della vita quotidiana di milioni di minori: a casa, in strada, mentre fanno i compiti e nelle relazioni sociali. Proibire l’uso degli smartphone a scuola può servire a tracciarne un confine, ma non può estirpare un fenomeno ormai radicato nella vita reale dei ragazzi.
