Studenti contro scuola: proteste e contestazioni infiammano il mondo dell’istruzione.
Studenti contro Valditara: “Guerra” alla scuola e al Governo?
Il clima scolastico si surriscalda prima ancora del suono della prima campanella. Collettivi studenteschi romani e torinesi, tra cui il Terenzio Mamiani e il Kollettivo Studentesco Autonomo (KSA), alzano la voce contro le politiche scolastiche del governo e del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. La data cerchiata in rosso sul calendario è il 6 settembre, giorno designato per l’inizio delle “ostilità”.
L’annuncio è perentorio: “Organizzarci nelle scuole e costruire dimensioni organizzate studentesche di massa che dichiarino guerra a chi la guerra vuole portare”. Un linguaggio forte che preannuncia un autunno caldo per il mondo dell’istruzione. Ma quali sono i motivi di questa mobilitazione studentesca?
Le ragioni della protesta: dal 4+2 al voto in condotta
Al centro delle contestazioni vi sono diverse misure promosse dall’attuale governo. Gli studenti puntano il dito contro le linee guida sui programmi didattici, l’introduzione del modello 4+2 per gli istituti tecnico-professionali, il ritorno del voto in condotta e della bocciatura per insufficienze gravi, le ventilate modifiche all’esame di stato e, più in generale, tutti i divieti percepiti come limitativi della libertà studentesca.
Secondo i collettivi, queste iniziative rappresentano un’involuzione del sistema scolastico, orientato verso una “riconversione bellica” della società. “L’Occidente è in rotta di collisione e la nostra classe dirigente cerca una scappatoia per riuscire a tenere strette le redini dell’Impero. Come? Attraverso la riconversione bellica” affermano, sostenendo che la scuola italiana stia diventando una “fabbrica di capacità umana povera e settorializzata”.
