Teodone: un tuffo nel passato rurale dell’Alto Adige, perfetto per gite scolastiche.
Questi masi, sparsi tra le montagne e in armonia con il paesaggio dolomitico, sono stati accuratamente smontati e ricostruiti nel museo, rispettando la loro struttura originaria e la logica funzionale che li caratterizzava. Visitare un maso significa entrare in un mondo fatto di fatica, ingegno e profondo legame con la terra.
Un maso garantiva la sussistenza di una famiglia attraverso la coltivazione di pochi ettari di terreno, adibiti principalmente a pascolo e alla coltivazione di cereali resistenti al clima rigido: avena, farro, orzo e segale. Il frumento era una rarità, utilizzato per panificare solo poche volte l’anno. L’alimentazione era integrata da legumi e verdure, come crauti e cavoli.
La vita nei masi era dura e faticosa, come testimoniano gli oggetti esposti nel museo: utensili da lavoro, cucine, stalle, fucine, mulini, botteghe di fabbri e calzolai. La falegnameria era un’arte essenziale, praticata all’interno del maso stesso, utilizzando strumenti artigianali costruiti durante i lunghi inverni.
La casa nobiliare: un contrasto stridente
All’ingresso del museo, si erge in contrasto con la semplicità dei masi, una casa nobiliare del XVII secolo, appartenuta al barone Anton Wenzi zu Sternbach. Una dimora che incarna l’abbondanza e lo sfarzo della vita aristocratica.
