Giornata mondiale contro mutilazioni genitali: 200 milioni di vittime

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Sono ben 200 milioni  nel mondo le donne vittime di mutilazioni genitali, pratiche che vanno dall’incisione all’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni. Bambine, ragazze e donne che devono fare i conti, per tutta la vita, con rischi gravi e irreversibili per la loro salute, oltre a pesanti conseguenze psicologiche.

Oggi si celebra la Giornata Mondiale contro le Mutilazioni genitali femminili (Mgf) che – secondo l’obiettivo fissato dall’Onu – dovrebbero essere totalmente bandite entro il 2030. Gran parte delle ragazze e delle donne che subiscono queste pratiche si trovano in 29 Paesi africani, mentre una quota decisamente minore vive in paesi a predominanza islamica dell’Asia.

Le Mgf – come ricorda l’Unicef – vengono praticate su bambine tra i 4 e i 14 anni di età, ma anche su piccole con meno di un anno di vita – per una serie di motivazioni: da quelle sessuali, per soggiogare o ridurre la sessualità femminile, a quelle sociologiche, come l’iniziazione delle adolescenti all’età adulta o il mantenimento della coesione nella comunità, fino a ragioni igieniche ed estetiche, perchè in alcune culture i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni, e religiose, molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi.

Le Mgf sono considerate una palese violazione dei diritti della donna. Sono discriminatorie e violano il diritto delle bambine alla salute, alle pari opportunità, a essere tutelate da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani, come prevedono tutti i principali strumenti del diritto internazionale.

Le conseguenze

Oltre che umilianti, le Mgf sono estremamente dolorose e pericolose. Le bambine che vi sono sottoposte possono morire per cause che vanno dallo shock emorragico (le perdite ematiche sono cospicue) a quello neurogenico (provocato dal dolore e dal trauma), all’infezione generalizzata (sepsi). Per tutte, l’evento è un grave trauma: molte entrano in uno stato di shock a causa dell’intenso dolore e del pianto irrefrenabile che segue.

Conseguenze di lungo periodo sono la formazione di ascessi, calcoli e cisti, crescita abnorme del tessuto cicatriziale, infezioni e ostruzioni croniche del tratto urinario e della pelvi, forti dolori mestruali e nei rapporti sessuali, più rischi di contrarre Hiv/Aids, epatite e altre malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza, più rischi di mortalità materna.

Anche in Italia

Ma il fenomeno delle Mgf è presente anche in Italia, dove si stima che nelle comunità migranti, le donne straniere maggiorenni con mutilazioni genitali femminili siano tra le 46mila e le 57mila, a cui si aggiungono le neocittadine italiane maggiorenni originarie di paesi dove la pratica esiste (quantificate tra le 11mila e le 14mila unità) e le richiedenti asilo. Oltre il 60% delle donne con mutilazioni genitali femminili presenti in Italia proviene da Nigeria ed Egitto. Le cifre arrivano da un’indagine condotta nell’ambito del progetto Daphne MGF-Prev, coordinato in Italia dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca, presentate a Milano in un incontro organizzato da ActionAid. La presenza di donne con Mgf evidenzia la necessità di mettere in atto politiche di prevenzione nei confronti delle bambine migrate da piccole o nate in Italia.

 

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