Veronica Panarello in tribunale, udienza d’appello a Catania

Veronica Panarello in tribunale, udienza d’appello a Catania

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Veronica Panarello in tribunale per l’udienza d’appello. Davanti la Corte d’Assise d’Appello ha avuto inizio a Catania la terza udienza del processo a Veronica Panarello, condannata per l’omicidio del figlio Loris, di 8 anni, avvenuto il 24 novembre del 2014, e per l’occultamento del cadavere.

La Panarello, condannata  il 17 ottobre del 2016 è stata condannata a 30 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubbici uffici. Per la donna, presente in aula, e che si è sempre dichiarata innocente, era stata esclusa l’aggravante della premeditazione.

Veronica Panarello in tribunale, processo a porte chiuse

L’omicidio avvenne nella loro casa di abitazione, a Santa Croce Camerina, il 29 novembre del 2014. Per l’accusa in aula c’è il sostituto Procuratore generale Maria Aschettino per concludere la requisitoria iniziata la scorsa udienza col Pm Marco Rota.

Il procedimento si celebra a porte chiuse. Per la difesa è presente l’avvocato Francesco Villardita, che ha assistito la Panarello fin dall’inizio della vicenda giudiziaria. Per le parti civili gli avvocati Daniele Scrofani, che assiste il marito dell’imputata, Davide Stival e il loro figlio minorenne, e l’avvocato Francesco Biazzo, che rappresenta il nonno paterno di Loris, Andrea Stival.

A due anni dall’omicidio, si era tornati a parlare di Veronica Panarello, in relazione ad un’altra tragedia avvenuta in Sicilia: la morte di due piccole sorelline, avvenuta a Gela il 27 dicembre 2016. Due sorelline erano state strangolate dalla madre Giusy Sabatta. La donna, subito dopo l’omicidio, avrebbe rivelato di essere stata ossessionata per mesi dalla Panarello .

Una terribile tragedia, che aveva portato la Sicilia a interrogarsi, nuovamente, sul perché una madre arrivi a compiere un gesto così incomprensibile. Si era scavato nella vita privata della donna, su probabili problemi psicologici antecedenti il delitto e sulla famiglia.

Dinamiche che da subito avevano ricordato i primi giorni delle indagini sul caso di Loris Stival, strangolato probabilmente con delle fascette usate solitamente dagli elettricisti.
La morte del piccolo Loris aveva turbato la 41enne gelese, insegnante di sostegno, che aveva seguito in maniera ossessiva tutti gli sviluppi della vicenda, e che era stata trasferita nel carcere Petrusa di Agrigento, lo stesso di Veronica Panarello.

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