Due Amazzoni possono salvarsi? Il e-waste invisibile avvelena il nostro pianeta.

Due Amazzoni possono salvarsi? Il e-waste invisibile avvelena il nostro pianeta.

Due Amazzoni possono salvarsi? Il e-waste invisibile avvelena il nostro pianeta.

Rifiuti Elettronici: La Crescita Esponenziale del Problema

I rifiuti elettronici, noti anche come e-waste, rappresentano il flusso di rifiuti domestico in più rapida crescita al mondo e sono altamente tossici, ponendo una grave minaccia per la salute pubblica. La maggior parte di questi rifiuti proviene dai paesi ricchi, per poi essere smaltita in nazioni più povere, in gran parte in Asia e Africa. In queste aree, spesso manca l’equipaggiamento e i processi necessari per smontare e riciclare in modo sicuro prodotti complessi. Molti lavoratori senza formazione, compresi bambini, scavano tra questi rifiuti per trovare componenti riutilizzabili, ma ciò porta a conseguenze disastrose per la loro salute e per l’ambiente circostante.

La crisi dei rifiuti elettronici è esacerbata da un flusso invisibile di e-waste: una vasta gamma di prodotti contenenti microchip, dai dispositivi per il fumo elettronico agli e-reader, giocattoli, rilevatori di fumi e altro ancora. Questo “e-waste invisibile” complica ulteriormente le sfide legate al riciclo nei paesi in via di sviluppo. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, la proliferazione di dispositivi tecnologici ha portato a un incremento vertiginoso dei rifiuti elettronici a livello globale, presentando una sfida ambientale di enormi dimensioni.

Isaac Dinwe, un cittadino ghanese che lavora con Closing the Loop, un’ONG olandese, descrive la situazione ad Accra: “Il problema dei rifiuti elettronici nel mio paese è così grande che non riusciamo a gestirlo. La maggior parte dei nostri e-waste finisce nei centri urbani. I lavoratori informali estraggono ciò che possono vendere e bruciano il resto, causando molta inquinamento”, scrive in un’email a Mongabay.

Le Iniziative per Combattere il Problema

Dinwe è uno dei pochi ghanesi che affronta la crisi della salute pubblica e dell’ambiente causata dall’economia globale di consumo, unita a una mancanza di legislazione e infrastruttura. Dirige un team addestrato per gestire correttamente i rifiuti elettronici e visita negozi di riparazione, villaggi e chiese per acquistare telefoni “mortificati” che altrimenti verrebbero abbandonati o bruciati. “Facciamo attenzione a non pagare troppo, poiché vogliamo che i telefoni vengano utilizzati fino alla fine della loro vita”, spiega Joost de Kluijver, CEO di Closing the Loop.

La notizia positiva è che Closing the Loop ha collaborato con produttori di telefoni in Germania e nei Paesi Bassi per finanziare l’iniziativa di riciclaggio. Offrendo un servizio chiamato “One for One”, marchi come Vodafone collegano la vendita dei loro nuovi telefoni al recupero di quelli vecchi. Chi acquista un telefono nuovo finanzia questo servizio pagando un piccolo sovrapprezzo, contribuendo a un trend noto come “compensazione dei rifiuti”.


Il programma di scambio ha dimostrato di funzionare: Vodafone Germania ha raccolto oltre 2.7 milioni di telefoni africani, che altrimenti sarebbero finiti in discarica, dalla metà del 2022. I telefoni rottami vengono inviati in Europa per il riciclaggio, poiché in Africa non esistono impianti di fusione dove i rifiuti elettronici possano essere elaborati e i metalli estratti in sicurezza. Closing the Loop, insieme ai partner locali e al governo nigeriano, spera di “chiudere questo cerchio” aprendo un impianto nei pressi di Lagos nei prossimi due anni. Una volta operativo, il impianto sarà sostenibile dal punto di vista finanziario grazie al programma di compensazione.

Purtroppo, pochi produttori di dispositivi elettronici seguono l’esempio di Vodafone. La maggior parte persegue un modello economico lineare e redditizio, rifuggendo ogni responsabilità per i danni ecologici causati dalla cattiva gestione dei loro prodotti. Passano invece la responsabilità ai consumatori, che pagano i servizi di rimozione dei rifiuti, che a loro volta spesso inviano a paesi in via di sviluppo per essere “riciclati”.

Secondo un’inchiesta di due anni del Basel Action Network, pubblicata ad ottobre, una “tsunami nascosta” di rifiuti elettronici si dirige regolarmente dagli Stati Uniti verso l’Asia e il Medio Oriente, aumentando così la già significativa problematica dell’e-waste.

L’Invisible E-Waste e le Conseguenze Nascoste

L’e-waste è il flusso di rifiuti domestico in più rapida crescita sulla Terra e uno dei più tossici. Una volta esportata verso Africa, Asia e America Latina, questa spazzatura non scompare, ma viene spesso bruciata all’aperto o sepolta in discariche. Le tossine contenute in questi materiali possono facilmente contaminare il suolo, le acque sotterranee e l’aria che le persone respirano. Questo fenomeno si aggrava ulteriormente con l’emergere di microchip, che sono nascosti in numerosi prodotti di consumo, rendendo difficoltosa la loro identificazione e gestione.

Per esempio, in Gran Bretagna, 5 milioni di vapes monouso vengono scartati ogni settimana, contribuendo enormemente al problema dell’e-waste. La crescente domanda di elettronica da consumo, incluse batterie per veicoli elettrici, smartphone e gadget AI, alimenta ulteriormente questo problema. Spesso, quando questi prodotti raggiungono la fine della loro vita utile, vengono semplicemente gettati via senza considerare le conseguenze ambientali e sanitarie.

Fonti ufficiali come l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) e l’EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti) riconoscono il problema crescente degli e-rifiuti e avvertono che il picco di rifiuti elettronici potrebbe superare i 82 milioni di tonnellate in tutto il mondo entro il 2030, se non vengono attuati dei cambiamenti significativi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *