Delitto di Ponticelli: Ciro, Giuseppe e Luigi costretti a confessare sotto tortura/ Ribadiscono la loro innocenza

Delitto di Ponticelli: Ciro, Giuseppe e Luigi costretti a confessare sotto tortura/ Ribadiscono la loro innocenza

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Il 2 luglio del 1983, nel quartiere Ponticelli di Napoli, le giovani Barbara e Nunzia, rispettivamente di 10 e 7 anni, furono rapite, violentate, uccise e poi bruciate in un crimine efferato che scosse profondamente l’opinione pubblica. Le indagini furono avviate immediatamente con l’obiettivo di individuare i responsabili di questo atroce delitto. Inizialmente, i sospetti ricaddero su tre giovani poco più che maggiorenni: Ciro, Giuseppe e Luigi, anche se mancavano prove concrete a loro carico.

Nonostante avessero un alibi, coloro che affermavano di averli visti altrove quel giorno erano minacciati o addirittura arrestati. Le forze dell’ordine sembravano determinate a trovare dei colpevoli, anche se fossero innocenti, per scaricare la responsabilità del crimine. Dopo ventisette anni di detenzione, i tre furono rilasciati nel 2010 e raccontarono di essere stati picchiati in prigione e costretti a confessare un crimine che non avevano commesso.

Nonostante abbiano sempre proclamato la propria innocenza e richiesto la revisione del processo, i presunti colpevoli continuano a essere considerati tali. Tra i testimoni intervistati dalle Iene c’è Salvatore Pellini, ex carabiniere, che ammette che la coercizione era utilizzata per ottenere confessioni. Uno dei tre giovani, Giuseppe, spiega di aver firmato una confessione solo per mettere fine ai maltrattamenti subiti durante gli interrogatori.

Secondo Giuseppe, un ragazzo di nome Carmine, che accusò i tre, trascorse del tempo in caserma con il boss della camorra Mario Incarnato. Quest’ultimo avrebbe spinto Carmine a incolpare i giovani per chiudere una storia che aveva turbato l’intera comunità. Incarnato avrebbe agito su pressione dei carabinieri per ottenere benefici personali.

In conclusione, il caso del delitto di Ponticelli rimane irrisolto e controverso. Le vite di Ciro, Giuseppe e Luigi sono state segnate da un’ingiusta condanna e dalla violenza subita durante la detenzione. Il ruolo di Mario Incarnato e delle forze dell’ordine nel caso solleva dubbi sull’integrità della giustizia e sulla protezione delle vittime innocenti.

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