Trump riapre uno spiraglio per i rifugiati, ma 11 paesi restano fuori

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Il presidente Donald Trump riapre le porte ai rifugiati tranne per 11 Paesi che restano fuori. Alla mezzanotte di martedì è scaduto lo stop all’accoglienza dei rifugiati per 120 giorni varato con il più generale ‘travel ban’, il divieto di ingresso negli Stati Uniti che, nell’ultima versione, riguarda i cittadini di Siria, Libia, Iran, Yemen, Ciad, Somalia, Corea del Nord e Venezuela e che è stato comunque parzialmente bloccato dalla magistratura.

In base alle nuove norme i rifugiati di questi 11 Paesi, che l’amministrazione non ha voluto indicare limitandosi a definirli “ad alto rischio”, subiranno rinvii per altri 90 giorni nell’esame delle loro richieste di accoglienza per consentire controlli più stringenti.

Ingresso nell’interesse nazionale

Saranno raccolti più dati biografici sugli aspiranti rifugiati, esaminati i loro post sui social, le frequentazioni, i luoghi di lavoro e tutto ciò che sarà ritenuto rilevante. Per approvare l’accoglienza dei rifugiati, gli ufficiali federali dovranno poter dimostrare che il loro ingresso è nell’interesse nazionale. Funzionari antifrode saranno inoltre inviati nei centri di valutazione delle pratiche dei rifugiati all’estero.

I nuovi controlli rafforzati per i rifugiati che fanno domanda di ingresso negli Stati Uniti comprendono la raccolta di ulteriori informazioni sulla propria vita e la propria famiglia, lo scambio di informazioni tra le varie agenzie federali, l’invio di agenti anti-frode all’estero per verifiche sul posto.

In alcuni casi i controlli potrebbero durare anche anni. «La sicurezza del popolo americano è la più alta priorità del governo», ha commentato il segretario ad interim per la Sicurezza interna Elaine Duke.

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