Visti umanitari, l’Austria dice no e minaccia di blindare il Brennero

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Se fosse vero, se davvero fossero concessi visti umanitari per i 200.000 migranti irregolari sbarcati in Italia, Vienna si è detta pronta a chiudere il Brennero.

La “minaccia” dell’Austria

“Se la cosa venisse fatta – ha detto Sebastian Kurz, capo della diplomazia austriaca al termine del Consiglio Esteri ieri a Bruxelles – proteggeremmo la frontiera del Brennero. Di certo non permetteremmo che la gente possa liberamente andare a nord”. Il ministro dell’Interno di Vienna Wolfgang Sobotka ha però precisato che “attualmente la collaborazione con l’Italia e ottima, la situazione è stabile con arrivi tra i 15 ed i 25 al giorno al Brennero”.

“Non permetteremo – ha affermato – che la gente possa andare a Nord, sappiamo che cosa questo ha innescato nel 2015”, quando i migranti provenienti dalla “rotta balcanica” furono lasciati passare o addirittura trasportati da pullman attraverso i paesi confinanti a Sud e a Est dell’Austria.

La posizione di Bruxelles

La Commissione Europea non si pronuncia, ma fonti comunitarie fanno ben capire che Bruxelles è decisamente scettica. Anzitutto, la direttiva tirata in ballo in questi giorni per i permessi umanitari (la 55 del 2001) fu creata dopo la crisi del Kosovo nel 1999 con centinaia di migliaia di kosovari che cercavano asilo nell’Ue.

Adesso l’80% dei migranti sono i così detti migranti “economici”. Dopo la crisi del 2011 (con il massiccio arrivi di tunisini in Italia diretti in Francia), furono emanate guide linee Ue, che specificano che la concessione di visti e permessi di soggiorno hanno impatto su Schengen. Uno Stato deve dunque emettere solo documenti provvisori che non equivalgano a visti e non consentano di spostarsi in tutta l’area Schengen.

Il codice di condotta delle Ong

Ancora in discussione l’attuazione dll codice di condotta per le Ong. “L’Italia – ha detto una portavoce – ha consultato la Commissione e noi abbiamo fornito i nostri consigli legali, su cosa sia giuridicamente solido e utile a livello operativo”. A questo punto è l’Italia che “dovrà, sulla base di ciò che è stato discusso, portare avanti il codice e completarlo, dopo aver consultato le Ong”. La bozza uscita dalla riunione di venerdì salva tutti i principi cari all’Italia, ma corregge alcune sviste di natura giuridica. Ad esempio non si dice più che alle ong è “vietato assolutamente” di entrare nelle acque libiche (non sta all’Italia vietarlo), ma che le ong si “impegnano” a non farlo.
Rimane l’“impegno” a non spegnere i trasponder, a non comunicare con i migranti a terra.

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