Turchia al voto, referendum su Erdoğan. Alle urne 55 mln di elettori

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Si sono aperte alle 7 nelle regioni orientali della Turchia (le 6 in Italia) le urne per il referendum costituzionale sul presidenzialismo, che resteranno aperte fino alle 16. Nel resto del paese, comprese Istanbul e Ankara, le operazioni di voto prenderanno invece il via alle 8 e si concluderanno alle 17 (le 16 in Italia). Alle urne sono chiamati oltre 55 milioni di elettori.

Il referendum si propone di trasformare il paese in una repubblica presidenziale, aumentare i poteri del presidente e secondo i critici e molti osservatori internazionali completare la trasformazione del paese in uno stato autoritario. Basterà il 50 % più uno dei voti degli elettori per trasformare in legge la riforma costituzionale. Infatti, il referendum non prevede un quorum, l’esito sarà deciso dalla maggioranza semplice dei votanti.

A decidere la sfida saranno soprattutto gli elettori del partito nazionalista Mhp, divisi tra quelli che seguono la linea per il sì del presidente Mevlet Bahceli e coloro che temono l’annientamento di un partito troppo appiattito sulla politica dell’Akp. Ma decisivi saranno anche i curdi più conservatori che fino ad oggi hanno votato Akp ma non hanno apprezzato l’arresto del leader dell’Hdp Selhattin Demirtas e di altri 12 deputati. Ieri i sostenitori del sì e del no hanno battuto le strade di Istanbul fino alle 18, ora in cui è scattato il silenzio elettorale.

“Domani è molto importante, dovete assolutamente andare a votare. La nuova Costituzione porterà la fiducia e la stabilità che serve al Paese per crescere”, ha ribadito Erdoğan , rivolgendosi anche agli elettori degli altri partiti. “È un sì per una nazione, una bandiera, una patria, uno stato”, è tornato a ripetere, pensando soprattutto ai voti decisivi dei nazionalisti. “La Turchia è a un bivio. Domani prenderemo la nostra decisione. Vogliamo un sistema parlamentare democratico o il governo di un uomo solo?”, è stato l’appello finale da Ankara di Kemal Kilicdaroglu, leader del principale partito di opposizione, i kemalisti del Chp, mentre migliaia di attivisti per il ‘no’ sfilavano lungo il Bosforo con in mano le bandiere rosse con la Mezzaluna della Turchia. Chiusura a Diyarbakir, ‘capitale’ del sud-est, per il partito filo-curdo Hdp, che ha chiesto un ‘no’ per “la pace, la libertà e la democrazia”, dopo una campagna irta di ostacoli.

Saldamente al potere dal 2002, l’Akp conta tra i propri fondatori lo stesso Erdoğan, che del passaggio della Turchia dal sistema parlamentare al presidenzialismo è stato l’ispiratore. Erdoğan si gioca tutto, o quasi, perché è davvero difficile non notare quanto la chiamata alle urne in questo caso sia incentrata sulla persona del Presidente.

Cosa succederà se vincerà Erdoğan

 

  • Sarà abolita la carica del primo ministro. Il presidente della Repubblica sarà il capo dello stato e contemporaneamente capo del governo. Non sarà più una figura super partes come oggi, ma potrà mantenere la sua affiliazione partitica.
  • Avrà il potere di indire lo stato di emergenza e sciogliere il Parlamento (in quel caso si andrà a votare anche per scegliere un nuovo presidente).
  • Il Parlamento potrà sfiduciare il presidente, ma solo a patto di sciogliersi per tenere elezioni anticipate.
  • Il presidente potrà nominare un certo numero di vice-presidenti e avrà potere di nomina e revoca nei confronti dei ministri.
  • Potrà nominare parte dei membri dell’organo che disciplina giudici e magistrati e la maggioranza dei membri della Corte Costituzionale. Secondo Erdoğan il sistema giudiziario è molto influenzato da Fethullah Gülen, il religioso turco suo oppositore che vive in esilio negli Stati Uniti ed è stato accusato da Erdoğan del tentato colpo di stato dello scorso luglio.
  • Il parlamento non potrà sfiduciare i ministri, ma potrà mettere in stato di accusa il presidente con un voto da parte di tre quinti dei suoi membri.
  • Il numero di parlamentari sarà incrementato da 550 a 600.
  • Il mandato parlamentare sarà aumentato a da quattro a cinque anni.
  • Le elezioni presidenziali si svolgeranno insieme a quelle parlamentari.

Erdoğan è considerato un leader autoritario che ha più volte violato le regole democratiche. In particolare, la sua presa sulla Turchia si è molto accentuata dopo il fallito colpo di stato dello scorso luglio. Migliaia di militari, poliziotti e impiegati pubblici sono stati arrestati o licenziati nei giorni successivi al fallimento del golpe. Centinaia di giornalisti sono stati imprigionati o intimiditi, mentre diverse testate sono state chiuse o hanno subito l’imposizione di nuovi direttori. Ancora oggi in tutto il paese vige lo stato di emergenza. Nonostante la svolta autoritaria, l’impegno che Erdoğan ha messo nella campagna elettorale per il Sì al referendum e la necessità che ha di consultare i suoi elettori per portare avanti i suoi obiettivi mostrano che la Turchia non è ancora diventata una completa dittatura.

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